Sant’Antonio

Tempietto Sant’ Antonio

Esso si trova nel territorio a nord di Porcia. Fino agli anni sessanta tale zona era scarsamente abitata in quanto, trovandosi a nord della linea delle risorgive, i campi risentivano della scarsità d’acqua e ciò scoraggiava gli insediamenti. Il borgo era chiamato “Borgo magro” (magredile). L’ingegno e la laboriosità umana hanno trasformato la zona da distesa poco favorevole all’agricoltura in una vastità di campi coltivati, risultato ottenuto grazie ad un capillare sistema di canalizzazioni alimentato anche dal canale Brentella.


A partire dal decennio 1960/70 il luogo è stato interessato da una intensa attività edilizia legata soprattutto al decollo di attività industriali, in particolare la Zanussi elettrodomestici, ora Electrolux, che ha richiamato in questa zona quella manodopera, che vi ha trovato poi la sua sistemazione.
Sant’Antonio, pertanto è la parte di Porcia di più recente formazione ed è anche quella che ha avuto lo sviluppo maggiore in tempi molto ristretti.
Il suo nome deriva probabilmente dalla Edicola di Sant’Antonio da Padova che si trova sulla Statale 13 Pontebbana.
Il Tempietto di Sant’Antonio (edicola)

Tempietto di Sant’Antonio – (foto di Giovanni del Ben)

(Tratto da un opuscolo della Parrocchia “Sant’Antonio da Padova”)

Il prof. Antonio De Pellegrini, (storico di Porcia – vedi voce “personaggi illustri”) ha pubblicato nel 1925 – Cenni storici sul castello di Porcia – la notizia che trascriviamo:

“1807, 12 dicembre. Si conferì questa municipalità col consiglio, clero, guardia nazionale al sito sopradetto di S.Antonio e rinnovato l’addobbo del Capitello e palazzino Gasperi, sopravvenuta la notte, fornì di torce di cera e l’uno e l’altro e fece provvedere il popolo e quella porzione di guardia nazionale che non aveva fucile, di fiaccole di paglia. Passò il “grande” verso le 10 pomeridiane fra gli evviva del popolo, accompagnato dalle fiaccole suddette e la municipalità gli tributò di nuovo il suo fedelissimo omaggio”.
Il “grande” non era altri che Napoleone Bonaparte, che ritornava dalla visita alla fortezza di Palma (Palmanova). Egli era transitato per il medesimo luogo nell’andata dell’8 dicembre 1807 a mezzogiorno. Si tratta di Via “Maestra vecchia”, che aveva un andamento molto tortuoso e probabilmente per questo Napoleone, a cui premevano veloci comunicazioni con la fortezza di Palma, ne decise la rettifica tracciando il rettifilo Fontanafredda-Pordenone, che proseguiva poi per Codroipo e Palma, nastro viario chiamato in seguito “Napoleonica”. In tale via si trova ancora oggi il palazzino Gasperi e di fronte esisteva il capitello di S.Antonio (come mostra anche la mappa napoleonica compilata nel 1809).
Il nuovo tracciato passò proprio sopra il chiesuolo di S.Antonio, che dovette per questo essere demolito. La popolazione di allora stabilì di ricostruirlo com’era prima e il posto scelto fu quello in asse con il nuovo viale che, dall’angolo del muro della proprietà Vietti raggiunse la nuova via chiamata “nazionale”.
Esso si presenta con elegante e linda semplicità neoclassica in forma di tempio dorico tetrastilo. Le colonne sovrastate dal timpano ricalcano il disegno della vecchia costruzione probabilmente qui un po’ ampliata, della quale è stato utilizzato il campanile a vela, con la bifora posta al colmo dell’abside. Oltre il breve pronao l’aula, con la volta a botte, accoglie un unico altare, dietro ad esso vi è un vano ad uso sacristia.

La STATUA di SANT’ANTONIO

Sull’altare è posta una statua in pietra d’Istria raffigurante il titolare S. Antonio da Padova. E’ opera firmata dallo scultore veneziano Antonio Dal Zotto, eseguita nel 1861 e donata dal conte Antonio di Porcia. Dello scultore si dice che “seppe esprimere il senso del moto nell’immobilità”, giudizio che si addice anche alla statua in oggetto. Il Santo è infatti rappresentato andante e porgente ai fedeli un irrequieto Bambino benedicente. Gli ampi chiaroscuri delle pieghe cadenti del saio, la fisionomia pacata del santo mostrano in questa opera, se pur giovanile, le capacità che l’artista doveva in seguito tanto validamente esprimere.